Articolo di Tino Mantarro
Che le stelle non abbiano padroni lo sospettano i bambini e lo certificano gli astronomi. Che alle stelle si debba guardare per pensare alla libertà lo dice anche 'Vastiano, uno che alla libertà ha sempre creduto, per la libertà ha lottato spesso e spesso ha perso.
Il contadino 'Vastiano con lo studente Turiddu è il protagonista di Le stelle non hanno padroni, lungometraggio in dialetto siciliano pensato, girato e prodotto interamente a Petralia Sottana, comune Bandiera Arancione del Touring Club Italiano delle Alte Madonie, in provincia di Palermo. Una pellicola amatoriale, interamente autoprodotta, dove però amatoriale e autoprodotto sono solo un dato di cronaca, perché a guardarlo, per il modo in cui è girato e montato, per la tensione narrativa ed espressiva degli attori, non si direbbe affatto.
Uscito nelle sale nell’autunno di due anni fa, Le stelle non hanno padroni è il frutto di quattro anni di lavoro di parte di una comunità che ha messo in scena la sua storia. Quattro anni di weekend consacrati al cinema perché tutti dagli attori allo sceneggiatore, dal regista alle comparse nella vita fanno altro, e il tempo per le passioni diventa per forza di cose il tempo dei ritagli.
Realizzato dal collettivo Terra Video Lab con la regia di Salvatore Buongiorno, il film racconta le vicende delle lotte contadine nella Sicilia del primo dopoguerra, incrociando la storia dei due protagonisti con quella personale di Epifanio Li Puma, uno dei tanti sindacalisti uccisi dalla mafia in queste terre in quegli anni di rivendicazioni. Contadino e mezzadro, lettore autodidatta formatosi durante il servizio militare, fervente antifascista, Epifanio Li Puma era a capo della lega dei braccianti di Raffo, la frazione di Petralia dove è nato, cresciuto e morto. Ucciso il 2 marzo 1948 mentre era nei campi, nei terreni del latifondo in contrada Alburchìa tra Petralia Soprana e Gangi. Freddato da un colpo di lupara, finito da due colpi di pistola davanti ai due figli. Un omicidio che restò impunito perché così andava la giustizia in quegli anni di lotte e cambiamenti.
E forse proprio perché l’omicidio è impunito la sua storia di prestava per essere ricordata. Per ammissione dei suoi creatori Le stelle non hanno padroni è un film girato «con l’idea di raccontare la storia delle nostre zone prima che i ragazzi se la dimentichino». Il che lo rende un’opera di impegno civile, la cui realizzazione stessa è un gesto di impegno civile. Un progetto che tiene alta l’istanza della memoria che è stato in tutto e per tutto un’esperienza di popolo, sia come idea narrativa che come realizzazione.
Il popolo di braccianti con le bandiere rosse che lottava sullo schermo e il popolo delle comparse, di quelli che realizzavano il cestino, di quelli che stavano dietro la cinepresa e partecipavano a questa impresa assai sentita. Perché senza memoria una comunità si perde e disperde ciò che la tiene unita, che a Petralia è ancora tanto. Così è un buon segno che alla prima, il 1 novembre 2018 al cineteatro Grifeo di Petralia, ci fosse tutto il paese. E chi non è entrato in sale perché in sala non c’era posto è andato a vederlo il giorno dopo, e poi il giorno dopo ancora. E ancora quello successivo. Alla fine sono stati 18 giorni di proiezione consecutivi, 18 giorni da tutto esaurito.
Il Grifeo è una istituzione culturale di Petralia Sottana, un cinema di inizio secolo che si affaccia sul corso della cittadina, quello dove un tempo si faceva lo struscio e adesso poche saracinesche tengono ancora pervicacemente aperto. Un cinema ristrutturato non molti anni fa per diventare un cinema ipermoderno e oggi portato avanti per scommessa da tre soci che promuovono una stagione di teatro popolare, ma anche una di prosa, più sperimentale, oltre a portare le prime visioni. «Altrimenti per un film bisogna fare 70 chilometri» racconta Lillo Scelfo. Un posto tanto intimo fisicamente quanto aperto all’esterno. Un posto dove si crede ancora che la cultura possa servire per tenere unito un paese, per fornire stimoli culturali ai suoi abitanti e per fare cose belle e inaspettate, come questo film. «Qui c’è un grande desiderio di cultura, anche di quella alta, difficile. Così andiamo avanti, facciamo qualcosa per noi, ma soprattutto per il territorio. Perché se abbiamo deciso di rimanere a vivere al paese bisogna pur organizzare la resistenza» spiega Mario Li Puma, uno dei soci. E a Petralìa, dove in estate fine organizzato un festival di Jazz manouche, oltre al cinema c’è una compagnia, il Teatro della Rabba, che ha sede nell’unico convento in funzione, in un’immensa sala prove che i ragazzi hanno ristrutturato a loro spese. La compagnia si cimenta con tutto, dalle opere dialettali al teatro civile, dai laboratori per bambini ai festival. «In queste zone c’è tanto da fare, la questione lavorativa è un problema enorme, però ci crediamo: pensiamo che la parola possa contribuire a cambiare le cose» commenta Giuseppe Dino, tra le anime del teatro della Rabba e attore nel lungometraggio, dove interpreta il contadino Vastiano. Un altro, che come Epifanio Li Puma e lo stesso Dino, è convinto che le parole possano davvero cambiare le cose, ancor di più in un piccolo paese delle Madonie.
Foto di Salvatore Pirrera, concorso fotografico Touring Club Italiano