“In Piazza Roma ci sono due bar, uno accanto all’altro, separati da un passaggio porticato. Da quel passaggio si scende verso il Rujo, il nostro torrente. E quando mi affaccio da quell’apertura, anche se ci sono passata cento, mille volte, ecco, io rimango sempre a bocca aperta. Perché la cartolina è bellissima. Le case del borgo, i prati intorno al Rujo, la collina ricoperta di boschi. È tutto bellissimo”. Noemi Bressan potrebbe essere di parte, visto che è la responsabile dell’Ufficio turistico di Cison di Valmarino, ma si percepisce dall’entusiasmo che il suo racconto è sincero. “Quello è proprio il mio punto preferito… poi certo potrei raccontartene molti altri. Cison ha infiniti scorci di bellezza”.
UN CASTELLO E LE CASE ROSSE
Benvenuti a Cison di Valmarino, duemilaseicento anime, Trevigiano ammantato di colline vitate regno del Conegliano Valdobbiadene DOCG, e poi boschi fitti, e monti calcarei su verso le Prealpi. Un territorio vario e prezioso, dove da sempre il paesaggio è stato costruito con mano sapiente dall’uomo, senza strafare, con l’eleganza e la rusticità tipici di un certo Veneto campagnolo. “Qui viveva la nobile famiglia Brandolini” racconta Noemi “che nel Quattrocento amministrava la contea di Valmareno, corrispondente a gran parte della vallata trevigiana. Di quel tempo rimangono, oltre al nome del Comune, anche due testimonianze ben evidenti: il castello di Cison, detto Castelbrando, e il colore rosso con cui sono dipinte molte case, detto proprio rosso Brandolini”.
Un pugno di case, quelle del nucleo principale del Comune: la piazza, la chiesa, i palazzi che parlano di un certo benessere mai svanito. Passeggiando tra una via intitolata a Brando Brandolini e una piazza dedicata a Girolamo Brandolini, si arriva alla facciata rossa del Borgo Case Marian, una grande casa colonica con tanto di porticato e pozzo al centro del cortile: qui è allestito il Museo temporaneo Ruralia, che ospita una collezione di oggetti di vita contadina messa a disposizione da un cisonese. “È uno dei nostri due musei, l’altro è dedicato alle radio storiche, entrambi sono frutto di donazioni” spiega Noemi. Il Museo Ruralia è temporaneo, tra l’altro, perché a volte i locali sono occupati dagli eventi della Pro Loco. “Quello della radio invece cerchiamo di aprirlo in occasione di eventi e ricorrenze, quando ci sono i volontari”. Musei e monumenti sono ben indicati dalla segnaletica, che è uno dei tanti parametri grazie a cui il Comune ha ottenuto la certificazione Touring di Bandiera Arancione dal 2019.
Poco lontano parte la teleferica che sale a Castelbrando, arroccato su un colle a dominio della valle, come da castello che si rispetti. “È proprietà della famiglia Colomban” racconta Noemi “che ne ha ricavato un hotel e centro benessere, spesso sede di convegni. L’interno, con le prigioni, è visitabile prendendo accordi con il centro visite. Ma anche se non si ha avuto tempo di programmare una visita, e non ci si dorme o non si pranza nel ristorante-pizzeria, io comunque consiglio a tutti di salire. Perché i giardini, le mura, le aree esterne sono sempre fruibili. E perché il panorama da lassù è incantevole”. Uno spaccato del mondo di Cison, con le vigne, i colli, le tante frazioni che spuntano tra il verde dei prati e dei boschi.
I MICROMONDI DELLE FRAZIONI
A proposito di frazioni. A Cison sono parecchie, avamposti umani tra il bosco e le vigne, e ognuna ha le sue peculiarità. “Tòvena è diventata il borgo degli angeli” sorride Noemi “perché da qualche anno un artista locale ha iniziato a dipingere angeli su case, finestre, portoni, e poi ha chiamato altri amici artisti a dare il loro contributo… in poco tempo gli angeli hanno colonizzato la frazione, facendola diventare meta di visite e gite”. A Tovena c'è anche un piccolo museo di arte sacra.
Poi c’è Mura, che ogni Natale viene addobbata e decorata con decine di presepi. E Rolle, che è un po’ il fiore all’occhiello del territorio, una manciata di case persa tra i vigneti, il campanile che svetta sui filari terrazzati. Tutto qui parla di prosecco e tradizione. “Consigliamo di visitarla a tutti gli interessati all’aspetto paesaggistico e al prodotto del Conegliano Valdobbiadene” spiega Noemi “qui si capisce da vicino perché il nostro territorio è diventato Patrimonio dell’Umanità per l’Unesco”.
CAMMINARE CON CATERINA
“Però la mia frazione preferita è Soller”. Ride Caterina Fava, ride perché lei è nata e cresciuta proprio a Soller, 96 abitanti ai piedi della montagna, al confine con il Comune di Revine Lago. “Un attimo e sei nei boschi, circondato da cervi e caprioli, persino un orso è transitato nella zona qualche tempo fa”. Un rapporto diretto con la natura, che Caterina ha riscoperto recentemente. “Con Soller e con Cison ho sempre avuto un rapporto di amore-odio” racconta “quando ero un’adolescente non era proprio il massimo vivere da queste parti… poi ho studiato a Venezia e a Trento, e quando tornavo a casa ho iniziato a vedere tutto con altri occhi. Nel frattempo è arrivato il Covid, e lì è avvenuto proprio il cambiamento”. Morale della favola: Caterina, 25 anni, ha seguito un corso di Aigae (Associazione italiana Guide ambientali escursionistiche), è diventata guida e ha iniziato a proporre escursioni nel territorio insieme al fidanzato Pietro. “Il nostro progetto si chiama Trekkyo e ha due obiettivi. Il primo è nato a causa delle piccole e grandi criticità che riscontravano camminando nella zona: trovavamo spesso sentieri non ben segnalati o manutenuti, a volte anche poco pubblicizzati sui social… Ecco allora l’idea di creare un sito web con itinerari sempre aggiornati e a disposizione di tutti. Il secondo obiettivo è arrivato poco dopo: perché non far scoprire quel territorio insieme a noi?”.
Ecco allora le proposte di escursioni guidate, sempre improntate alla sostenibilità e al rispetto per il territorio. “Rispetto non solo per il paesaggio e gli ecosistemi” spiega Caterina “ma anche per le persone che ci vivono. Sento particolarmente mia la cultura del luogo… i miei nonni erano mezzadri per i conti, mi hanno trasmesso questo legame indissolubile con la terra e io a mia volta vorrei trasmetterlo a chi non conosce questa zona”. Da questa consapevolezza le proposte di passeggiate abbinate a incontri con artigiani, artisti, fattori, vignaioli. “Cerco di offrire esperienze non standardizzate” spiega. “Per esempio, una di quelle più richieste è il Picnic in casera, in cui la passeggiata guidata porta a una vecchia struttura in pietra dove un tempo si riunivano le vacche e dove oggi Eleonora Zilli, chef e sommelier, prepara stuzzichini per il gruppo”. Caterina racconta anche di camminate al tramonto, seguite da osservazioni del cielo con gli astrofili, o di escursioni con degustazioni di vino rosso “che qui è una rarità, visto il dominio del prosecco!”, o ancora di passeggiate alla ricerca di erbe con il forager Giulio Bassanese. “Vedo che con i più giovani si riesce bene a fare rete, che per me è l’aspetto più importante. Non sempre è facile collaborare con chi abita il territorio, per esempio c’è ancora molto attaccamento alla proprietà privata, si fa fatica a convincere alcuni proprietari che non c’è niente di male se si passa camminando accanto alle loro case… ma piano piano si sta iniziando a capire”.
Chiediamo a Caterina quali siano le sue passeggiate preferite, quelle da consigliare a chiunque abbia desiderio di scoprire il territorio di Cison. “La più famosa è la Via dell’Acqua, che parte dal centro di Cison e segue i mulini sul torrente Rujo, ideale anche per i bambini. Arriva al Bosco delle Penne Mozze, dove il gruppo di Alpini del luogo ha ideato un monumento a ricordo degli alpini periti nei conflitti mondiali. Un altro è senz’altro il sentiero che porta al bivacco dei Loff, sulle Prealpi” racconta “Loff nel nostro dialetto significa lupi e così erano chiamati i cisonesi per il loro carattere burbero e schivo… siamo gente di montagna, noi! L’escursione è più impegnativa, ma molto panoramica”. Forse però la passeggiata preferita da Caterina è proprio quella dietro casa sua: “Parte da Soller e si chiama Sentiero di Marco Zilli. Un itinerario poco conosciuto, che porta sulla cima del Monte Torresel: è il luogo della mia infanzia, dei giochi in una casera di amici, di settimane festose in estate… ancora oggi non è cambiato molto da allora”.
CENTO GIORNI PER UNA STRADA
C’è ancora un ultimo scampolo di territorio da esplorare. La strada che da Cison conduce verso il passo San Boldo e poi nel Bellunese, chiamata dei Cento giorni, è una grande opera di ingegneria stradale, realizzata per un primo tratto tra il 1914 e il 1916 e poi conclusa dagli Austriaci nel 1918, in seguito alla rotta di Caporetto. In tre mesi la manovalanza locale, che comprendeva anche donne, ragazzi e anziani, fu costretta a lavorare giorno e notte per realizzare un’incredibile successione di tornanti e gallerie che dovevano superare le pareti a strapiombo del passo, con una pendenza costante del 10%. Da percorrere anche in moto o in bici, con un occhio al magnifico paesaggio di Cison e un pensiero a chi oltre cent’anni fa faticò su queste montagne.
Nelle prossime settimane ti racconteremo anche di altri aspetti del territorio cisonese: artigianato, gastronomia e… attrattività per i matrimoni! Torna a trovarci per scoprire tutti i volti del Comune Bandiera Arancione.