Tutti coloro che sono stati a Elcito lo descrivono come un gioiello nascosto, un luogo dove il tempo si è fermato, dove ancora si respira il profumo della natura. Anche Roberta Cuomo, 30 anni, se ne è innamorata da subito: “le mezze stagioni sono le mie preferite” racconta entusiasta “la primavera si riempie di farfalle, l’autunno regala tutte le sfumature del marrone e del rosso…”.
Benvenuti sull’Appennino marchigiano, tra le colline del Maceratese, lontano dalle folle adriatiche e dalle rotte più consuete. “Questo è sempre stato il luogo della passeggiata domenicale per tanti abitanti dei borghi e delle cittadine vicine” continua Roberta “a me l’ha fatto conoscere il mio compagno Nicola, che è di San Severino Marche, poco lontano. Lui fin da piccolo andava a mangiare nei dintorni con la famiglia, poi la passeggiata digestiva si faceva a Elcito…”. Ovvero un grumo di case, isolato tra i prati e i boschi, a 824 metri di quota, abitato stabilmente fino a non molto tempo fa. Lo chiamano “il piccolo Tibet delle Marche” ed è una frazione proprio di San Severino, borgo certificato con la Bandiera Arancione dal 2022. “Oggi ci sono soltanto seconde case, ma i proprietari ci tengono tantissimo, ci vengono spesso, tutto è curato e ben tenuto. E poi ci siamo noi…” sorride.
È dal 2018 che Roberta e Nicola hanno rilevato l’unico punto ristoro di Elcito, aperto appena due anni prima. “Quando abbiamo saputo che avrebbe chiuso, ci siamo guardati in faccia: ci spiaceva davvero che si perdesse un punto di riferimento per locali e turisti… così, ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo creato Il Ristoro Il Cantuccio, puntando tutto sulla gastronomia locale” prosegue Roberta. La filosofia è tanto semplice quanto appetitosa: puntare sulla crescia, un prodotto tipico della zona, una sorta di piadina schiacciata; e poi sulle piccole produzioni della zona. “Come il pecorino, che acquistiamo da Giacomo, un pastore di Castel San Pietro; o il miele millefiori proveniente dalle arnie sia sul monte La Pereta sia nella Valle di Mezzo. Tutti luoghi qui intorno”. L’attenzione è massima: “sì, siamo molto selettivi” spiega Roberta “miriamo alla qualità ma privilegiando chi rispetta lavoro, paesaggio, animali”. Da qualche giorno gli stessi prodotti sono venduti in uno shop online: “tutti questi piccoli produttori non avevano canali di distribuzione… noi siamo orgogliosi di essere la loro voce!”.
Così facendo, i due trentenni sono diventati una piccola istituzione del territorio, una di quelle che davvero porta valore aggiunto in un luogo altrimenti spopolato: un avamposto di speranza, speranza giovane tra l’altro. “Abbiamo anche pensato di trasferirci qui” spiega Roberta “ma siamo stati frenati dal fatto che i servizi sono lontani e soprattutto che non ci sia connessione internet”. Già, la connessione. Un problema, ma anche un’opportunità: “non sai quante persone arrivano da noi, mangiano e senza conoscersi iniziano a parlare di passeggiate, itinerari, luoghi del cuore… non avere lo smartphone da guardare ogni secondo aiuta alla socialità!”. I bambini giocano a contare i gatti di Elcito, “i veri abitanti del paese” come li chiama Roberta; gli adulti chiacchierano, l’atmosfera è rilassata… tanto che qualcuno sceglie anche di fermarsi a dormire, nella stanzetta Il rifugio dell’asino (gestita sempre dalla coppia) o in un’altra piccola struttura ricettiva. “L’abbiamo chiamata così perché io e Nicola abbiamo anche un’azienda agricola con asini e cavalli, Gli asini del castello, a Castel San Pietro. Ai nostri ospiti proponiamo sempre un incontro con i nostri asinelli, li facciamo accarezzare e strigliare… è sempre un toccasana per tutti”.
Elcito è già bello di per sé, ma ha anche un altro punto di forza: essere al centro di un territorio meraviglioso, ideale soprattutto per chi ama camminare. “L’attrazione più nota è senz’altro la faggeta secolare di Canfaito” conferma Vittorio Sassaroli, grande camminatore che per anni ha curato segnaletica e tracciamento dei sentieri locali. “Ci si arriva con l’auto da Elcito, ma anche a piedi, per chi vuole sgranchirsi le gambe dopo il pranzo… È un luogo spettacolare, formato da diverse macchie boschive che in autunno si colorano di gialli, arancioni e rossi incredibili. Stupisce soprattutto la grandezza di certi alberi centenari…”. Alcuni superano i 20 metri di altezza e i 6 metri di circonferenza: si stima abbiano oltre 500 anni. Si esplora la faggeta in un’oretta di camminata, perdendosi tra le forme contorte dei tronchi e il tappeto di foglie cadute.
Un’altra meta per i camminatori è il Monte San Vicino, alto 1479 metri, i cui pendii si estendono in ben otto Comuni (la cima è nel territorio di Apiro). “Il giro più classico parte dai Prati alti di San Vicino, raggiungibile in dieci minuti d’auto da Elcito: da qui sono solo 300 metri di dislivello, un chilometro e mezzo di passeggiata. A me piace partire anche da Pian dell’Elmo, per un giro ad anello di 8 chilometri tra boschi di varie essenze, che assumono d’autunno colorazioni diverse”. Vittorio ci parla delle leggende che circondano questo elmo, “anche se per me il nome deriva semplicemente dalla forma del monte, che sembra una testa con un elmo sopra”. E poi dei partigiani, che si riparavano nelle grotte del monte e di tutta la zona. E ancora dei percorsi attorno a Braccano, frazione di Matelica, come la forra Bocca de Pecu o il Sasso Forato.
Come Roberta e Nicola, anche Vittorio è una di quelle persone che si prende cura del territorio tanto da diventare punto di riferimento per tutta una comunità. “Mi hanno dedicato pure un monte” ride “Roberta ha deciso che la montagna senza nome che si vede dal ristoro è il Monte Vittorio!”. Ma, scherzi a parte, il lavoro fatto tra prati e foreste è stato importante: “nel 2010 un gruppo di volontari della zona, tra cui anche alcuni del CAI di Jesi, ha tracciato la rete di sentieri nel complesso del Monte San Vicino, partendo da un paio di percorsi storici. È stato un lavoro bello e faticoso” continua “che oltre al tracciamento ha previsto anche la sentieristica verticale, sovvenzionata dalla locale Comunità montana. Peccato che poi, come spesso succede, non ci siano mai né personale né soldi per la gestione… io faccio quel che posso, ma non posso fare tutto da solo!”. Speriamo che altri possano seguire l’esempio di Vittorio, Roberta e Nicola. E diventare altri punti di riferimento per l’entroterra marchigiano.