Solferino, il nome e il luogo, sono indistricabili dalla battaglia, epica e terribile, che decise le sorti della Seconda guerra d'indipendenza italiana, il 24 giugno 1859, obbligando gli austriaci ad abbandonare la Lombardia e a ripiegare oltre il fiume MIncio. Eppure Solferino, per la graziosità del piccolo borgo collinare e per la piacevolezza del paesaggio che la circonda, merita di essere conosciuta anche per altre e più “pacifiche” ragioni.
Il paese, ai margini settentrionali della provincia di Mantova, sorge su un'altura ai margini dell'anfiteatro morenico gardesano. Era un tempo raccolto attorno alla roccaforte cinquecentesca di Orazio Gonzaga, il castello di cui restano solo la porta d'ingresso, una parte di mura, la torre di guardia e la chiesa di San Nicola, che si ergono oggi in piazza Castello, una delle più belle del Mantovano: di forma rettangolare, cinta in parte dalle antiche mura e in parte da una cortina di case, la piazza permette di godere di un ampio panorama che va sin oltre il Lago di Garda.
Proprio la collocazione elevata di Solferino la rese un punto di osservazione strategico nel corso della celebre battaglia in cui i francesi sconfissero gli austriaci, mentre poco più a nord, presso San Martino della Battaglia, erano i piemontesi a riportare la vittoria sull'esercito asburgico. Il colle più alto del paese si erge solamente a 206 metri sul livello del mare, ma consente di dominare un panorama vastissimo. Lassù sin dal 1022 sorge una Rocca, una maestosa costruzione squadrata di 23 metri di altezza, acquisita nel 1315 dal signore di Mantova Rinaldo Bonacolsi detto “Passerino”, restaurata nel 1611, e che nel clima risorgimentale venne detta “La Spia d'Italia”, in quanto la sua terrazza sommitale risultava ideale per controllare i movimenti verso il Veneto e fino al Lago di Garda. Circondata dagli aguzzi cipressi di un ampio parco, la Rocca fu acquistata e ristrutturata nel 1880 dalla Società Solferino e San Martino, ente morale voluto nel 1870 dal senatore Luigi Torelli per onorare la memoria di chi cadde nella sanguinosa battaglia. Nel suo piccolo museo si conservano cimeli rinvenuti sul campo di battaglia, mentre lungo la rampa che porta alla terrazza panoramica sono esposti documenti relativi alla storia della Rocca e alla zecca dei Gonzaga di Solferino e nella “Sala dei Sovrani” campeggiano i ritratti di Vittorio Emanuele II e di Napoleone III, i sovrani vittoriosi nella battaglia di Solferino sulle truppe di Francesco Giuseppe d'Austria.
La rilevanza storica di quel celebre episodio bellico fa sì che ogni angolo del paese in qualche modo ne faccia memoria. Innanzi tutto con il Museo del Risorgimento di Solferino e San Martino, fondato nel 1931, le cui tre sale espongono documenti, cimeli, armi e quadri relativi alla battaglia del 24 giugno 1859 e al Risorgimento in generale, con cimeli della storia italiana dal 1796 al 1870, ovvero dalla prima discesa di Napoleone in Italia alla presa di Roma. I visitatori possono soffermarsi davanti a carabine francesi, fucili austriaci, moschetti italiani. Ci sono poi corazze della Guardia francese, le uniformi complete degli zuavi francesi con i pantaloni rossi e il giubbetto blu, le bianche divise degli austriaci, oggetti d'uso quotidiano e i libretti personali di soldati francesi, tre marionette che riproducono divise di soldati francesi. Interessante il confronto fra un cannone francese da quattro libbre a canna rigata francese e un obice austriaco da 150 mm a canna liscia: il primo con la sua canna rigata assicurava una gittata doppia, fino a tre chilometri di distanza, e fu determinante nell'assicurare ai francesi la vittoria. Fra i documenti esposti nelle vetrine, un ordine autografo di Napoleone III, biglietto d'ingresso per l'ospedale militare e persino la copia di un giornale persiano che riportava la notizia della battaglia. Infine, oltre a tele che ritraggono l'assalto degli zuavi, notevoli i sei ritratti dei generali francesi, opera del pittore veneziano Giulio Carlini.
Accanto al Museo (che ha una sede distaccata a San Martino della Battaglia, nel comune di Desenzano), una leggera salita e un viale di cipressi portano alla chiesetta di San Pietro in Vincoli, trasformata nel 1870 dalla Società in Cappella Ossario nel cui abside sono conservati 1413 teschi disposti senza distinzione di nazionalità, oltre ai resti di circa 7.000 caduti nella battaglia (solo quatro scheletri sono stati ricomposti). A sinistra dell’ingresso vi è un busto bronzeo di Napoleone III collocato nel centenario della morte dell’imperatore, sulla destra una piccola piramide di pietra che ricorda il generale francese Auger ferito il 24 giugno a Cà Morino e quindi morto a Castiglione delle Stiviere. Sulla facciata della chiesa due mosaici raffigurano san Pietro e il Redentore, sovrastati da una statua della Madonna con due angeli. Cinque busti di altrettanti generali francesi che caddero sul campo nella Campagna d’Italia (due di essi proprio a Solferino) si fronteggiano all’ingresso del Tempio.
Merita una visita anche il memoriale della Croce Rossa, la cui storia raccontiamo in un questo approfondimento dedicato.
Testo: Roberto Copello - Foto: archivio Tci (immagini di testata e nel testo), Getty Images (immagine di piazza Castello dall'alto)
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