“Ala è già un paesetto decisamente italiano. La posizione è pittoresca, su un pendio montuoso, vicino a un ruscello che scorre scrosciando”. Il grande poeta tedesco Heinrich Heine non vedeva l'ora di imbattersi nei primi, evidenti segni di italianità, mentre nel 1828 scendeva la valle dell'Adige. Si può dunque comprendere il suo entusiasmo, allorché imboccò la Val Lagarina, come si chiama quel tratto della stessa valle dell'Adige che congiunge territori e culture diverse, pianura e montagna, civiltà italiana e mitteleuropea. Le distese di verdi vigneti, compresi fra due scoscese fiancate montuose, già annunciavano a Heine un'atmosfera differente da quella nordica. Ma soprattutto l'italianità risultava evidente entrando nella città di Ala e percorrendo il suo centro storico fra due file di palazzi barocchi.
Si dice spesso che Ala sia la porta del Trentino, per chi arriva da sud. Ma c'era un tempo, in epoca di dominio austriaco, che Ala poteva anche essere intesa come porta dell'Italia. Città di confine, magari città di passaggio. E anche città nobile e di grandi frequentazioni, come prova l'elenco fitto e importante degli ospiti che hanno trovato alloggio nei suoi palazzi: Heine stesso, e anche Mozart, Maria Teresa d'Austria, Napoleone Bonaparte, lo zar Nicola I nei due Palazzi Pizzini; Carlo V, Massimiliano II e il generale Cadorna a Palazzo Angelini; Andrea Hofer a Palazzo Taddei; san Carlo Borromeo a Palazzo Zanderighi Malfatti. E sono solo alcuni dei nomi più celebri, per una città dal passato illustre e antichissimo. Ala infatti era importante già in epoca romana, come attestano i ritrovamenti archeologici. Strategica per i principi vescovi di Trento e poi per i Castelbarco (alleati dei Veronesi), ancor più lo fu per Venezia, che la occupò nel 1411 e che vi sviluppò la coltivazione del gelso e l'arte della seta, che poi gli austriaci (subentrati dal 1509) e ancora i Castelbarco avrebbero trasformato in industria. Tale know how tessile sarebbe stato alla base della gloria locale: la produzione dei velluti tessuti a mano, introdotta a quanto pare da due tessitori genovesi, qui riparati in esilio nel 1657. Fu così che Ala fra il Seicento e il Settecento divenne ricca e nota in mezza Europa, lungo quello che per il piccolo centro trentino si trasformò in un vero “secolo d'oro”. Lo provano tuttora gli splendidi palazzi sorti o barocchizzati in quegli anni lungo le tortuose vie selciate e le scenografiche piazzette di un borgo che peraltro ha conservato l'impianto medioevale-rinascimentale: come Palazzo Angelini con il suo maestoso portale, Palazzo Taddei con lo splendido loggiato che s'affaccia sul cortile, come i Palazzi Gresta, Zanderighi, Angelini, Malfatti, e soprattutto come Palazzo de’ Pizzini. È questo un complesso di due palazzi barocchi (Palazzo de’ Pizzini inferiore serviva da residenza, Palazzo de’ Pizzini superiore da foresteria), più una casa di fine Seicento, appartenuto a una famiglia giunta ad Ala nel Cinquecento e poi arricchitasi grazie all'attività tessile. Nel Settecento il prestigio dei Pizzini era tale che i loro palazzi ospitarono diversi imperatori del Sacro Romano Impero, come Carlo III di Spagna, Francesco I e Maria Teresa d’Austria. Mozart vi fu ospite con il padre Leopold per tre anni consecutivi e suonò per i padroni di casa nel salone al piano nobile (sulla facciata esterna è riportata la dedica del compositore). Poi, assai meno festosamente, Napoleone nel 1796 occupò il palazzo con i suoi generali. Oggi ospita il bel Museo del Pianoforte Antico.
Palazzo Zanderighi (dove l'affrescata Sala Borromeo ricorda il soggiorno ad Ala di san Carlo Borromeo, attorno al 1565) è notevole anche perché ospita l'importante Biblioteca comunale, rinata nel 1952 grazie all'appassionata e illuminata opera di Italo Coser e che conta oggi 80mila volumi, dei quali circa 21mila rari e di pregio (tra cui circa 4.000 partiture e spartiti musicali, 3 incunaboli, 361 cinquecentine), oltre che i fondi manoscritti della famiglia Pizzini e il fondo archivistico Taddei. Presso la biblioteca, il Museo civico Luigi Dalla Laita raccoglie collezioni naturalistiche e monete, il lapidario romano, opere pittoriche, e anche cimeli del Risorgimento e della Prima guerra mondiale, tra cui autografi di Giuseppe Garibaldi e di Cesare Battisti.
Fra le chiese di Ala, in posizione dominante sul centro storico si erge la Parrocchiale di Santa Maria Assunta, di origini antichissime, con un campanile di Domenico Bianchi del 1670, imponenti altari barocchi e una serie di notevoli dipinti, come una Santa Lucia attribuita al Cignaroli, una Madonna del Rosario del Brusasorei. L'artista di metà Settecento Giorgio Anselmi è l'autore sia della pala dedicata all'Assunta e santi, dietro l'altare maggiore, sia dell'affresco nel catino absidale. Nel centro storico c'è invece la chiesa di San Giovanni, le cui origini risalgono al 1342 ma che fu rifatta nel Settecento: ha una concava facciata in stile neoclassico, l'altare maggiore in marmo di Castione e una pala secentesca raffigurante la Madonna, i Santi Giovanni Evangelista, Rocco e Sebastiano. Da segnalare, presso il convento dei cappuccini, anche la seicentesca chiesa di San Francesco, con la facciata a righe orizzontali bianche e rosse.
A nord della città, in posizione pittoresca a dominare la Val Lagarina, lungo il percorso che costeggia l’antica strada romana, si eleva poi l'imponente santuario di San Valentino, antico luogo di culto. All'interno, altari e affreschi settecenteschi. Pochi chilometri a sud del paese, vicino alla statale che va verso Verona, si trova invece l’antichissima chiesa di San Pietro in Bosco, con un alto campanile con cuspide in cotto veronese e bifore romaniche. È questo il luogo nel quale Teodolinda, la celebre figlia del duca di Baviera Garibaldo, nel 589 avrebbe incontrato il suo futuro sposo Autari, terzo re dei Longobardi. Si tratta di una significativa espressione di architettura romanica minore del VI secolo, mediata da inserimenti di epoca tardo-quattrocentesca. È il più antico monumento di Ala, interessante anche per il ciclo di affreschi medievali, tra i quali figura un Cristo in Maestà sopra il portale e un San Giorgio che uccide il drago. Qui sono state inoltre rinvenute testimonianze della presenza romana e una pietra miliare risalente al IV secolo, ora esposta presso la Biblioteca Comunale.
Da ricordare infine che presso Serravalle, frazione nel comune di Ala, un cippo marmoreo ricorda il luogo esatto in cui il 29 ottobre 1918 una delegazione dell’esercito asburgico innalzò la bandiera bianca, chiedendo al nemico di sospendere i combattimenti. Fu il primo, concreto atto per porre fine alla Grande guerra. I rappresentanti austriaci furono quindi accolti a Villa Malfatti ad Avio e a Villa Guerrieri Gonzaga a Borghetto, da dove vennero successivamente trasferiti a Villa Giusti di Padova, il luogo in cui, il 3 novembre 1918, fu firmato l’armistizio.
Testo: Roberto Copello - Foto: Marco Simonini (immagine di testata, palazzi del centro storico), Comune di Ala (veduta serale)
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