I segreti e le tecniche di lavorazione dei prodotti artigianali custoditi nei comuni Bandiera arancione da Nord a Sud sono giunti immutati fino ai giorni nostri tramandati di generazione in generazione. Gli abitanti dei borghi conservano gelosamente le pratiche della produzione per continuare a realizzare manufatti pregiati e unici, legati alla cultura e alle tradizioni del territorio, da acquistare nelle piccole botteghe o scoprire nei musei.
Una produzione ricca e variegata che spazia dalle campane tipiche di Agnone ai preziosi coltelli di Maniago, dai telai di Ala al famoso Museo del Falegname Tino Sana ad Almenno San Bartolomeo.
La cittadina di Ala, in Trentino, è famosa nel mondo per la seta pregiata prodotta fin dal primi anni del 1500 quando, passata sotto il controllo della Casa d’Austria, le attività manifatturiere e commerciali cominciarono a svilupparsi attorno alla produzione di seta nei filatoi ad acqua. La prima fabbrica di velluti, fondata nel 1657, diede il via a un fiorente artigianato e commercio che rese Ala famosa in tutta Europa grazie all’esportazione del prezioso tessuto in Austria, Boemia, Ungheria e in altri Paesi. L’arte della seta e dei velluti modificò la città facendola diventare un centro economico di primaria importanza, richiamando nuovi abitanti e sollecitando trasformazioni sostanziali sia a livello urbano sia in ambito culturale ed artistico.
Il primo filatoio, che risale alla fine del ‘500, è visitabile ancora oggi. Qui trecento telai davano da vivere a seicento famiglie, in ciascuna delle quali lavoravano un garzone e un tessitore, per una produzione annua di 3.600 pezze da ventisette braccia. Un prodotto di ottima qualità in grado di reggere la concorrenza con mercati lontani e dalle antiche tradizioni come le Fiandre, la Turchia e Genova. Info
Il borgo di Agnone, in provincia di Isernia, nell’Alto Molise, si distingue per la produzione di campane. Merito soprattutto delle fonderie sopravvissute e della tradizione della fusione dei laboriosi campanari di Agnone che dall’anno mille si tramandano di padre in figlio. Per realizzare una campana, ad Agnone ancora oggi si usano le stesse tecniche dei maestri del Medioevo e del Rinascimento.
Il rito inizia con la costruzione della campana, con la guida di una sagoma di legno di una struttura in mattoni che corrisponde all’interno della campana. Su questa si sovrappongono strati di argilla fino a formare lo spessore voluto. Sulla superficie levigata si applicano i fregi in cera, le iscrizioni, gli stemmi e le figure che decoreranno la falsa campana. Quindi si realizza il “mantello” che si ottiene sovrapponendo strati successivi di argilla, lasciando essiccare tra un’applicazione e l’altra. L’essiccazione si ottiene tramite carboni accesi, collocati nell’anima di mattoni. Il ciclo di lavorazione di una campana varia da trenta a novanta giorni, una volta pronta se ne collauda il suono rilevandone la tonalità con diapason e apparecchi speciali. In altri reparti poi la campana viene completata dal battaglio, costruito proporzionalmente al suo peso.
Ad Agnone sono state fuse campane celebri tra cui quella per il Santuario di Lourdes nel centenario dell’apparizione (1958), la commemorativa del primo centenario dell’Unità d’Italia (1961), la campana del Concilio Vaticano II (1963), la “Kennedy Bell” (1964), la campana dell’Anno Santo (1975) e la campana di Medjugorje (1988). Info
In Friuli Venezia Giulia, il borgo di Maniago è famoso per la produzione artigiana dei coltelli. Questo perchè la Val Colvera, splendida oasi verde delle Dolomiti friulane in provincia di Pordenone, è da sempre terra ricca di acqua e di ferro. La tradizione della realizzazione delle lame e dei coltelli esisteva a Maniago già in epoca romana, ma fu nel periodo del Rinascimento che si sviluppò maggiormente con l’apertura delle prime botteghe artigiane dei coltellinai. Oggi, i coltelli di Maniago sono una realtà produttiva che tiene alta la bandiera del Made in Italy: dal 1960 è attivo il Consorzio Coltellinai Maniago e la città è sede del Distretto delle coltellerie, formato da 9 Comuni, nel quale operano circa mille addetti nel solo ciclo produttivo degli articoli da taglio. Info
Il comune piemontese di Mergozzo, nella Val d’Ossola è immerso in un paesaggio dove la pietra è l’elemento principe, largamente impiegato nella costruzione di abitazioni, tetti, elementi architettonici, fontane, tavoli e panche, fioriere, monumenti funebri e anche strade e selciati. Ecco perché l’intero artigianato del paese gira attorno alla pietra e all’abilità degli Scalpellini, i maestri della pietra capaci di plasmarla con strumenti antichi per produrre pezzi unici. L’area è molto nota anche per la produzione del famoso granito verde di Mergozzo. Info
Acquaviva Picena, nelle Marche, è famosa per la produzione artigianale di cesti intrecciati di paglia e salice: le Pajarole. Si tratta di un lavoro minuzioso e paziente realizzato unicamente ed esclusivamente a mano dalle donne del paese. Le origini di questa tradizione si perdono nella notte dei tempi e ancora oggi non è raro vedere, soprattutto d’estate, le anziane donne del paese sull’uscio di casa intrecciare la paglia con formidabile maestria servendosi semplicemente di un punteruolo E’ possibile visitare l’esposizione delle pajarole presso la sede dell’Associazione Laboratorio Terraviva. Info
Ad Almenno San Bartolomeo, in provincia di Bergamo, ha sede il Museo del Falegname Tino Sana. Nato nel 1987 dalla profonda passione del fondatore per la falegnameria, il museo è considerato un patrimonio culturale di altissimo profilo. Qui i visitatori trovano una ricostruzione delle botteghe con i loro arnesi: il seggiolaio, il modellista, il carraio, l’intarsiatore, il bottaio, il liutaio, ma anche la storia secolare dei carri regionali, dei burattini e l’evoluzione della bicicletta. L’esposizione si sviluppa su tre piani illustrando il lavoro del falegname con attrezzi e utensili di bottega, macchine, ricostruzioni di falegnamerie, segherie, laboratori di intarsio. In mostra si possono vedere manufatti tutti rigorosamente in legno come mobili di casa, zoccoli, una baracca dei burattini, strumenti agricoli e mezzi di trasporto come carri, carrozze, biciclette, barche e persino un’automobile del 1924 e un aereo della prima guerra mondiale. Una visita che emoziona e fa apprezzare ancora di più l’abilità del lavoro manuale che oggi sta scomparendo. Orari: 9-12 dal lunedì al venerdì, sabato e domenica 15-18 . Info
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