articolo di Stefano Brambilla
foto di Angradi, Tansini, Ruzziconi - pro loco Cantiano
Di rappresentazioni pasquali, in Italia, ce ne sono a dozzine: più o meno antiche, più o meno folcloristiche, spesso molto sentite. Poche raggiungono però i livelli di partecipazione e di intimità della Turba di Cantiano, un piccolo paese delle Marche recentemente insignito della Bandiera arancione. “La Turba fa parte della quotidianità dei cantianesi” spiega il sindaco Alessandro Piccini. “E’ l’orgoglio della nostra comunità. Tutti sono protagonisti. Quando si è piccoli, a Cantiano, non si vede l’ora di crescere per avere un ruolo nella rappresentazione…”.
Tutto si svolge il Venerdì Santo, fin dal 1939 - ma la tradizione in realtà è molto più antica. Per le strade del paese in provincia di Pesaro-Urbino, ai piedi dell’Appennino, viene messa in scena una rappresentazione che rievoca nelle forme del teatro popolare-religioso la passione, morte e resurrezione di Cristo. Una sorta di recita collettiva, che si svolge la sera in varie parti del borgo: gli spettatori - e questa è una delle peculiarità di Cantiano - si spostano di piazza in piazza per seguire le varie scene, fino ad ascendere al “Golgota” seguendo la Croce, in una lunga processione illuminata da centinaia di torce. “Il nostro borgo si presta perfettamente alla rappresentazione” continua il sindaco. “Le tre piazze sono vicine ma separate tra loro, e il Calvario è un colle proprio sopra al paese, visibile dalle strade, dove si trovano i ruderi della rocca medievale. Uno scenario evocativo e suggestivo”.
Il nome Turba potrebbe evocare un turbamento. Deriva invece dalla folla che invocava la pace nel Duecento, sostenuta dagli ordini mendicanti che si diffusero fra Marche e Umbria intorno alla metà del secolo. Anche Cantiano, posto sulla via Flaminia, accolse la “turba” di penitenti che, accompagnati dai canti del Miserere, procedevano nella sofferenza e nella redenzione flagellandosi e implorando la pace. Processioni imponenti si susseguirono nei secoli, ma fu nel 1939 che iniziò la tradizione teatrale e che il borgo divenne una scena all’aperto. Prima si mimava, per intenderci; dal quell’anno si recita. E tutti i cantianesi, prima o poi, recitano.
"Gli abitanti di Cantiano sono intorno ai duemila” spiega il sindaco. "I turbanti - ovvero coloro che partecipano attivamente alla Turba - circa 250. Ma in un modo o nell’altro, un anno o l’altro, tutti sono toccati dalla rappresentazione. Anch’io sono stato un soldato a cavallo per sei anni, prima di diventare sindaco!”. E tale è la identificazione con il ruolo che spesso gli abitanti sono conosciuti con la parte che ricoprono. “Ci sono frasi della recita che rimangono per tutto l’anno, come quel lavarsi le mani di Pilato di fronte a Gesù…” sorride il sindaco, che racconta anche come per le parti principali sia stato previsto un tempio massimo di assegnazione del ruolo (da 3 a 10 anni, a seconda della parte). Non sarà più possibile che il Cristo salga sul Calvario per 33 volte, insomma - come è realmente successo in passato.
Poi, il Venerdì Santo, tutto inizia con il suono del battistrangola sulle porte del paese: sono le 5 del mattino, e un gruppo di ragazzi dà la sveglia a quanti sono intenzionati a partecipare alla Visita alle Sette Chiese (ma in realtà a tutto il borgo). Da quel momento ognuno si mette in moto: chi ripassa la parte, chi deve pensare all’ordine pubblico, chi in cucina prepara le prelibatezze del tempo pasquale, chi dà un ritocco alla scenografia. I turbanti si attivano, in un grande rito collettivo.
Chiediamo al sindaco se ci sono novità, da un anno con l’altro. “Eccome” risponde “tutte le maestranze cittadine lavorano incessantemente per rinnovare e migliorare le grandiose scenografie in legno, per esempio. Quest’anno abbiamo rifatto quella del Sinedrio. Anche la recitazione viene cesellata. E poi, abbiamo appena inaugurato il Museo della Turba, trasformando alcune sale del Museo comunale in un omaggio alla nostra rappresentazione, permettendo di viverla tutti i mesi dell'anno. Siamo forse l’unico borgo che dedica uno spazio intero a una sacra rappresentazione. Si può persino ascoltare il racconto della Turba attraverso le parole dei cantianesi, tramite installazioni multimediali”.
Per il Comune non mancano le difficoltà burocratiche. L’evento è sempre stato gratuito, ma i costi di realizzazione e soprattutto legati alle normative sono sempre più ingenti. “E’ un problema su cui stiamo riflettendo” spiega il sindaco “una riflessione aperta. Alcuni ci chiedono perché - di fronte ai costi - non replicare lo spettacolo, magari con un biglietto di ingresso. Sarebbe una soluzione facile, ma senz’altro sarebbe difficile replicare quella intimità che ci ha sempre caratterizzati. L’emozione della giornata del Venerdì Santo non è ripetibile: la Passione è di quel giorno, non di altri”. Soprattutto quando il Cristo risorge, là in alto, lasciando le croci illuminate nella notte: che è poi il momento che il sindaco preferisce in assoluto, come ci confessa. “Un messaggio di speranza, la prospettiva dello slancio di tutto un paese verso il futuro”.
"Quando in Cantiano,
cittadina dell'alto Pesarese,
l'ombra dei monti si fa meno cupa,
i venti spirano più leggeri e il clima
perde l'asprezza invernale (…)
la gente, obbedendo ad un misterioso richiamo,
si scuote, si cerca, si aduna, discute a lungo e decide:
è ora di agire,
è tempo di Turba”.