Vogogna vanta una storia antichissima. Un’epigrafe romana, situata ad Ovest del paese relativa alla costruzione della strada, ne segnala la realizzazione nel 196 d.C. Fu, però, nel Medioevo che Vogogna raggiunse il suo massimo splendore: tra l'XI e il XIV secolo, infatti, il piccolo borgo divenne un importante centro fortificato che controllava l'ingresso nella Valle Ossola e, quindi, le vie di comunicazione fra la Svizzera e la Pianura Padana, sino a diventare niente di meno che l'antica capitale dell'Ossola Inferiore.

Oggi, deposte le armi, esauriti da secoli i suoi compiti strategici, commerciali o bellici, Vogogna è un borgo piemontese tranquillo, con neppure 1800 abitanti, in bellissima posizione incorniciata dalle montagne sotto il Pizzo delle Pecore (2018 mt.). Posizione che, in realtà, risultò strategica anche in tempi recenti: il Borgo, infatti, si è riscoperto in una nuova vocazione di porta e chiave d'accesso al Parco Nazionale della Val Grande, la più grande area wilderness delle Alpi, di cui è sede e parte integrante.

Il paese conta diversi edifici religiosi come la moderna chiesa parrocchiale del Sacro Cuore di Gesù e quella antica dedicata ai santi Giacomo e Cristoforo, oltre a numerosi oratori: quello antichissimo di San Pietro, quello quattrocentesco del cimitero (già chiesa del convento dei Serviti), quello cinquecentesco di San Martino, quelli secenteschi di Loreto, di San Zenone e di Santa Maria delle Grazie; e poi, ancora, gli oratori di Santa Marta e, infine, quello dei santi Giovanbattista e Bernardo d'Aosta, fuori del paese, in frazione Prata.

Principale attrazione di Vogogna è, però, senza ombra di dubbio il Castello visconteo al quale è possibile accedere per diverse vie. Posto su di un’altura che domina e protegge il paese, documenta un passato difensivo tra i più importanti dell'Ossola. Per raggiungerlo, bisogna meritarselo: occorre, infatti, prima attraversare il centro storico partendo, per esempio, dall'Oratorio di San Pietro, la prima parrocchiale di probabile origine longobarda che custodisce preziosi affreschi quattrocenteschi.

Prima di salire al Castello, anche il centro storico merita una passeggiata: da San Pietro è possibile proseguire  sulla statale, per riprendere, dopo una curva, l'antico tracciato romano e medievale che porta in paese, alle case sei-settecentesche del rione S. Carlo e alla vecchia via De Regibus, prima di raggiungere lo spiazzo dove sorgeva la seconda chiesa parrocchiale del paese, crollata con il suo campanile nel 1975 e di cui si è salvato il portale rinascimentale visibile, ormai, incastonato nella nuova torre campanaria che affianca la chiesa, consacrata nel 1904.

Superato un ponticello, in corrispondenza della scomparsa Porta Superiore, si entra nel cuore del borgo, un tempo interamente murato. Sulla sinistra, rassicurante, appare il torrione del Castello mentre, percorrendo la strada principale sulla quale nel Medioevo si affacciavano le botteghe, si arriva al Pretorio, un palazzetto gotico sostenuto da archi acuti poggianti su tozze colonne, edificato nel 1348 da Giovanni Visconti e sede, fino al 1819, del governo dell'Ossola Inferiore. Il Palazzo è di proprietà del Comune. 

Intorno al Pretorio si trovano le dimore più signorili: Villa Biraghi Lossetti del 1650, magnificamente restaurata, attuale sede del Parco nazionale della Val Grande, proprio accanto alla chiesetta di Santa Marta. Con uno sguardo al panorama è possibile, da qui,  scendere nell'antica piazza Camillo, già al di fuori della cinta muraria, dove si nota il retro di Casa Marchesa, la più antica abitazione nobiliare nel borgo (1350).   Sempre dalla piazzetta del Pretorio si può scendere, percorrendo Via Lossetti, verso la Porta Inferiore, abbattuta nel 1837. Il percorso piega, quindi, sulla destra, lungo ciò che rimane delle antiche mura (via Sotto le Mura). Da qui si risale sul terrapieno dei contrafforti in Via Sopra le Mura per ammirare l'angolo inferiore del borgo, chiamato in dialetto “Cantun Suta”. Un buio passaggio arcuato porta al settecentesco Palazzo dell'Insinuazione, da dove si raggiunge la caratteristica piazzetta del Pozzo da cui ci si può dirigere, nuovamente, verso il Castello, risalendo via Roma, fra edifici abbelliti da balconate secentesche ed un piccolo porticato dove stava la casa del gabelliere indicata da un bel portale scolpito, per poi imboccare un viottolo che conduce al “Cantun Sura”, le cui case addossate le une alle altre sembrano stringersi, in segno di rispetto, intorno al Castello raggiungibile – finalmente! –  attraverso una bella salita parzialmente a gradoni.

IL CASTELLO

Costruito nel 1344 in posizione elevata rispetto al borgo, e ampliato nel 1449, il Castello visconteo, con la sua torre semicircolare, domina tutto il paese. Il Castello nacque come presidio militare a difesa di tutta la valle, dei confini del Ducato di Milano e del paese stesso di Vogogna che, nel 1328, era divenuta capitale dell'Ossola Inferiore, contrapposta a Domodossola che in quegli stessi anni rivestiva il ruolo di capitale dell'Ossola Superiore (erano gli anni tumultuosi delle contese territoriali fra Milano e Novara per il controllo della zona). Probabilmente, il nucleo originario doveva essere costruito dalla torre quadrata e da parte della cinta muraria collocate in posizione più arretrata, verso la montagna. Committente della fortificazione fu, forse, Giovanni Visconti che nel 1348 ampliò il Castello addossando altri corpi di fabbrica al nucleo preesistente. In quel periodo, Vogogna fu dotata di una cinta di mura più ampia per proteggere l'intero paese e del palazzetto del Pretorio, sede del Vicario, realizzato ai piedi della scalinata che conduce al Castello.

La pianta della struttura fortificata ha forma irregolare, determinata sia dal terreno, sia dalle diverse fasi costruttive, evidenziate dagli elementi architettonici spesso molto diversi fra loro.

Poco si sa dei danni riportati dalla fortificazione in seguito agli attacchi inferti nel 1360 dalla lega capeggiata dal marchese del Monferrato e, nel 1374, dagli Spelorci (fazione che aveva come centro Domodossola). Si sa, invece, che il Castello di Vogogna servì a lungo a bloccare le scorrerie di Lanzichenecchi e guarnigioni svizzere. Nel 1798, dopo un'insurrezione voluta da simpatizzanti della Rivoluzione francese, il Castello divenne proprietà comunale e fu utilizzato come prigione per delinquenti comuni e politici. Chiuso al pubblico nel 1970, è stato riaperto nel 1998 dopo un restauro durato 18 anni.

All'interno del Castello sono state, poi, realizzate nuove infrastrutture inaugurate nel 2005. Così, finalmente visitabile e fruibile, il Castello Visconteo è anche sede di eventi, manifestazioni e matrimoni. Proprietario della struttura è il Comune di Vogogna, mentre uno spazio è in uso al Parco nazionale della Val Grande. Il Castello ospita la ricostruzione di ambienti medievali e mostre permanenti oltre che la mostra altrettanto permanente “Tempo di lupi”. Ulteriore attrattiva è un interessante reperto scultoreo del III secolo a. C.: il cosiddetto Mascherone Celtico. Un tempo conservato presso il trecentesco Palazzo Pretorio (il cui stile ricorda quello di altri broletti lombardi), oggi il Mascherone è ammirabile al Castello.
La testa, secondo gli studiosi, sarebbe stata ricavata da un grosso ciottolo di fiume o da un blocco di cava di pietra ollare della Valle Antrona, e sarebbe databile tra la fine del III e il II secolo a.C..
Il soggetto raffigurato sarebbe l'Apollo celtico, Verkos o Belenos, divinità della vegetazione e delle acque salutari, a cui era sacro l'albero del tasso. Il reperto testimonierebbe quindi la presenza di un culto apollineo preromano, conservatosi fino alla reinterpretazione in senso cristiano.
Stilisticamente la testa aderisce ai canoni dell'arte celtica transalpina, trovando confronti puntuali con alcuni reperti dell'Europa orientale, e rappresenta l'unico esemplare di plastica preromana del Piemonte in cui non compare alcuna influenza etrusco-italica.
I grandi baffi a manubrio determinano l'impostazione generale del volto, diventando un tutt'uno con il naso e gli occhi ovaleggianti; ai lati degli occhi e sulla fronte sono presenti incisioni a tridente, elementi fitomorfi che denotano una tendenza al decorativismo antinaturalistico tipica dell'arte celtica, e che richiamano iconograficamente lo schema della "corona di foglie" del V secolo a.C., impiegato nella rappresentazione di divinità o principi defunti eroizzati. Anche le incisioni a spirali sulle guance, quasi completamente abrase, sono totalmente estranee all'arte romana e medioevale.
La testa di Dresio, contemporanea alla fase iniziale della necropoli preromana di Ornavasso, testimonia dunque l'eccezionale qualità della cultura figurativa dell'Ossola Leponzia e la resistenza alla romanizzazione, di cui il "Mascherone" può essere considerato il manifesto.

Curiosità

  • Nella piazzetta antistante Palazzo Pretorio, è possibile ammirare una splendida fontana in marmo rosa di Candoglia.
  • Nel porticato di Palazzo Pretorio, si svolgeva in passato il famoso mercato settimanale.
  • Il Mascherone è stato ritenuto per secoli piatto, poiché un tempo inglobato in una fontana benedetta presso l'oratorio di San Pietro, nella frazione di Dresio; dalla sua bocca, fuoriusciva un cannello d'acciaio per il passaggio dell'acqua. Solo una volta smurato, se ne è scoperto lo spessore. 

Terminata la visita, si può prendere il sentiero che risale il torrente, in modo di avere una visione dall'alto della struttura e di Vogogna, con i suoi caratteristici tetti di beola.

LA FRAZIONE GENESTREDO E LA ROCCA

Salendo a piedi, per una ventina di minuti, si arriva all’antica frazione di Genestredo dalle caratteristiche abitazioni rurali in pietra ricche di motivi medievali e dove è possibile ammirare il torchio, il lavatoio e la chiesa di San Martino: Da Genestredo, in breve si arriva ai resti della Rocca, attualmente oggetto di restauro conservativo, ulteriore baluardo della vallata e che, oggi, ridotta a rudere, continua a dominare dall'alto l'Ossola Inferiore. La fatica del sentiero ripaga dal panorama mozzafiato e dal silenzio che, tutt’intorno, riecheggia gli antichi fasti e le antiche potenze di generazioni scomparse.

La Rocca di Vogogna fu una delle tante torri di vedetta sparse in Val Grande per segnalare in modo efficiente l'avanzata di possibili nemici. Le origini della Rocca si perdono nei secoli.

Il toponimo può dar luogo a confusione: infatti, la Rocca fu solo una torre sottoposta al governo del feudo dei signori facenti capo al vero Castello di Vogogna, posto più a valle: mentre quest’ultimo si è conservata fino a noi praticamente integro, questa torre fu soggetta ad un progressivo abbandono che la rende oggi un rudere. Non si hanno notizie certe circa la costruzione dell’edificio. Quattro sono le ipotesi principali: Risalente secondo alcuni ad epoca romana (V sec.), per altri in epoca romanica, oppure al tempo dell’invasione dei Borgognoni (850 d.C.) oppure ancora fondata direttamente da Agilulfo, o da LIutprando, nel 1183, in epoca Longobarda. Da questi sarebbe passata al vescovo di Novara che costituì un punto di strategica importanza nel sistema difensivo dell'Ossola, in collegamento con le torri di segnalazione distribuite sui fianchi della valle. Distrutta nel 1370, fu, successivamente, ristrutturata ed inserita nel sistema di fortificazioni del Castello.

Quello che risulta certo è che nel 1348, insieme al Castello di Vogogna fatto ristrutturare da Giovanni Maria Visconti, diventa una roccaforte. Venne distrutta nel XVI secolo a seguito di un'invasione di Vallesani. I ruderi sono imponenti, soprattutto il mastio che ha un sistema di contrafforti impressionante, guardandolo bene sembra quasi il volto di un soldato con l'elmo.

Avendo tempo, vale la pena fare un giro anche fuori del paese, raggiungendo l'altra frazione: Prata e le località Calami, Campalbino, Dresio, Masone, San Carlo, San Rocco, oppure, salendo ai numerosi alpeggi di montagna: Pianoni (935 m), Sui (1220 m), Cortona (1396 m), Pra d'Gatt (1495 m), Ciapeu (1597 m), Vallard (1633 m), ScireSola (1131 m), Murgagn (1471 m), Aulor (1481 m), Ruscà (900 m), Capraga, Alpe Marona.

Infine, un interessante sentiero geologico (al momento chiuso) che si snoda tra Vogogna e Premosello Chiovenda offre l'eccezionale opportunità di “attraversare” la crosta continentale, osservando rocce formatesi a differenti profondità e in periodi diversi. Lungo un itinerario attrezzato si passa dal paleocontinente europeo, coinvolto nella genesi delle Alpi (50 - 30 milioni di anni fa), al paleocontinente africano, che conserva rocce e strutture formatesi circa 300 milioni di anni fa; al contempo si "scende" fino al contatto tra crosta e mantello, di norma posto a 30-35 km di profondità e qui riesumato dai processi tettonici. Il percorso, attrezzato con pannelli esplicativi, sale dal Castello di Vogogna alla Rocca e, poi, prosegue lungo le balze rocciose prospicienti la piana della Toce fino a Premosello. Nella parte più occidentale si attraversano le filloniti, rocce deformate per frizione lungo la linea del Canavese, una fascia lungo la quale l'edificio alpino si è sovrapposto al più antico dominio sudalpino; poco più avanti si può osservare il contatto diretto tra rocce di questi due domini (Scisti di Fobello e Rimella e granuliti della crosta profonda della Zona Ivrea Verbano). Un belvedere, posto su rocce "montonate", consente di osservare la morfologia pre e post-glaciale della valle della Toce. Dopo aver incontrato le pseudotachiliti, testimoni di antichi terremoti, si raggiunge, all'estremità orientale, il contatto tra granuliti e peridotiti, rappresentativo della discontinuità di Mohorovicic (o "Moho"), ossia il contatto crosta-mantello.

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