
Qui in questo paese di montagna nel comunedi Santa Fiora, il carnevale non è sinonimo di stelle filanti, maschere di supereroi o pupazzi di cartapesta ma rappresenta l’occasione per riproporre uno spettacolo messo in piedi dalla gente del posto. Un copione già scritto e ogni volta interpretato magistralmente dalla Compagnia dei Gobbi Befanotti.

Il personaggio del Carnevale, interpretato da un giovane ben vestito, si diverte con la sua combriccola di amici, tra i quali il Gaudente che vive solo di divertimento. Ai bordi girano i gobbi, vestiti di stracci logori, che rappresentano la parte più umile del popolo e la Quaresima che incombe. Il chiassoso corteo si sposta attraverso via della Sabbia, fino a piazza Renaiolo per poi tornare in piazza Padella, dove la festa prosegue fino a quando il Carnevale comincia a sentirsi male e cade a terra agonizzante.
A nulla serve l’intervento del dottore: Il Carnevale è morto.
Da qui la farsa tragicomica tocca il suo punto più alto: l’amico Gaudente si dispera, piange, urla e inizia a cantare “Carnevale non te ne andare”; il prete dà l’estrema unzione e il notaio legge il testamento del Carnevale. Un testamento in cui spesso si fa riferimento ai fatti della vita politica e sociale del paese. Subito dopo inizia il rito del ballo dei gobbi, con i loro grotteschi vestiti, piangono e si disperano intorno al povero Carnevale che, a questo punto, sostituito da un fantoccio, viene adagiato in una bara e portato in giro in una goliardica marcia funebre. Alla fine il fantoccio del Carnevale viene bruciato nella piazza tra la folla in estasi.