Arretrata su una piazzetta rettangolare, la basilica di San Vittore, di origini paleocristiane, è nota anche come basilica Grande e serviva da scrigno per preservare i corpi dei Santi Vittore e Satiro. Impostatasi di un’area di piccole basiliche paleocristiane e attestazioni archeologiche (si ricorda in particolare l’ottagonale Mausoleo imperiale, eretto nel sec. V) venne rifatta nel 1560 con orientamento opposto a quello medievale.
Opera dell’Alessi, secondo Costantino Baroni del Seregni, pare che contribuirono alla realizzazione di questa opera imponente artisti del calibro di Martino Bassi, Tolomeo Rinaldi e Francesco Sitone.
La facciata incompiuta è scandita da lesene corinzie pensate come architettonico pendant alle colonne del porticato che, secondo i progetti, doveva precederla. In alto interrompe la tessitura in pietra il grande finestrone inquadrato da teste di cherubini. L’interno è ripartito in tre navate divise da pilastri, il transetto culmina in due nicchioni. La cupola è alta e il presbiterio profondo è absidato. Caratteristica è la navata maggiore coperta da volta a botte arricchita da lacunari finemente decorati.
La presenza di cappelle laterali sopraelevate rispetto alle navate, la separazione del presbiterio (anch’esso sopraelevato sulla cripta), il profondo coro dei monaci articolano e differenziano gli spazi e gli usi del cattolicesimo post-riformista.
Salvo il pavimento marmoreo (rifatto nel 1930), la chiesa ha conservato gran parte dei materiali e degli arredi originali: una teoria di affreschi che, con la pala d’altare, fanno della basilica una splendida antologia delle arti figurative a Milano del tardo ‘500.