
Yuri Basilicò e Sara Furlanetto di Va' Sentiero hanno percorso il Sentiero del Viandante, cammino certificato Touring nell'ambito del progetto Cammini e Percorsi. Questo il racconto della loro esperienza.
Il riflesso dell’acqua al sole primaverile, una stradina di selciato e, tra gli argentei rami degli ulivi, le cime delle Prealpi screziate dalle ultime nevi: degna di un quadro di Segantini, è questa la cartolina che ci si porta a casa dopo aver camminato il Sentiero del Viandante, che da Lecco in 75 km corre lungo il versante orientale del Lago di Como per poi concludersi a Morbegno, alle porte della Valtellina.
Nato dall'inventiva di un funzionario dell’Azienda turistica di Lecco, che tracciò l’itinerario unendo le vecchie mulattiere che univano i paesi del lungolago e le borgate superiori, il percorso è stato recentemente certificato dal Touring per l’eccellenza dell’infrastruttura e della segnaletica, il servizio di informazioni e le notevoli testimonianze storico-culturali (qui la scheda completa, con la descrizione tappa per tappa).


Sgombriamo il tavolo da ogni dubbio: il Sentiero del Viandante non è un trekking tecnico, quanto – eccezion fatta per un paio di tratti – una lunga promenade, perfetta per chi desidera esplorare uno dei paesaggi più iconici d’Italia, quello del Lago di Como, in maniera alternativa: fuori stagione, zaino in spalla, lentamente.
Il Sentiero del Viandante può essere percorso a passo lento in una settimana; a ritmo sportivo, anche in 4 giorni. Grazie alle basse quote, l’itinerario è praticabile quasi tutto l’anno. I periodi migliori sono probabilmente l’autunno e la primavera, quando la natura si mostra in una veste più interessante, il clima è ideale per le camminate e la scarsa affluenza turistica rende i luoghi silenti e privi di code.

La segnaletica sempre chiara, la facilità nel personalizzare la lunghezza delle tappe (grazie alla vicinanza tra i borghi), l’assenza di difficoltà tecniche e i piccoli dislivelli rendono il cammino adatto anche a chi ha poca esperienza di cammino. Fa eccezione solo la variante alta della tappa Lierna-Varenna, un tratto che, pur presentando una salita importante, regala alcuni dei panorami più spettacolari del cammino. In ogni caso, e puntualmente, in fondo alle salite si incontra una chiesetta o una cappella - come quella di San Pietro, salendo proprio da Lierna, o quella di San Rocco, da Dorio verso Colico - che offrono respiro e un bello sguardo.
* Vista la vicinanza a tante montagne (Grigne e Legnone su tutte), per gli escursionisti più esperti esistono diverse possibilità di aggiungere al cammino una “scarpinata” per prendere quota e concedersi il piacere di una vetta.


GLI ULIVI
Quello del Lario è uno dei panorami più suggestivi della Lombardia, che negli ultimi secoli ha attratto nomi illustri dell’arte e dello spettacolo, da Lord Byron a Claude Monet, da Giorgio Armani a George Clooney. Il protagonista indiscusso è senza dubbio il lago, la “lambda” azzurra che si fa largo tra le cime prealpine; tuttavia, è l'equilibrio armonico degli elementi che rende lo scenario così speciale.
Ci troviamo in uno degli areali più settentrionali delle piante d’ulivo: importate qui dagli antichi Romani, ve ne sono oggi oltre sessantamila e conferiscono alle sponde un sentimento di cauta pigrizia – cui pure contribuiscono i tantissimi gatti che sulle loro cortecce si grattano beatamente la schiena.

Leonardo Poppo, titolare di un’azienda agricola di Bellano, ricorda che «nel Lario, a partire dagli anni Sessanta, la cultura dell'ulivo venne abbandonata. Chiusero tutti i frantoi, dei sette che esistevano negli anni Cinquanta. Poi a inizio Novanta fu riaperto lo storico frantoio Vannini: fu un segnale». Leonardo, all’epoca giovane geometra appassionato di agricoltura, a inizio Duemila piantò i primi ulivi nei terreni della moglie Barbara; nel 2004 aprì la sua azienda per produrre olio con Denominazione di Origine Protetta (nata pochi anni prima per indicare prodotti agricoli o alimentari le cui caratteristiche dipendono strettamente dal territorio dal quale provengono), intuendone il potenziale.
Lo step successivo fu quello di aprire un frantoio moderno e tecnologico, nel 2006: «Questo è stato di forte stimolo per tanti produttori locali, che oggi si contano numerosi». Nel mentre Leonardo ha iniziato a recuperare vecchie stalle intorno al frantoio per destinarle all’accoglienza turistica, che nel tempo è diventata la principale fonte di sostentamento: «Checchè se ne dica, fare accoglienza è fondamentale per la manutenzione dei boschi, dei sentieri e dei campi, per preservare la qualità del luogo».

LA COMUNITÀ
Una delle prime cose che colpisce fin da subito, alternando i passi tra le vecchie mulattiere e le strette viuzze dei villaggi, è il calore che spesso affiora dietro i volti di chi vive questi luoghi. Ben distanti dallo stereotipo dei lombardi duri e forgiati dal pragmatismo, gli abitanti paiono contagiati dal clima mediterraneo del lago: quando scorgono lo zaino o il bastone da cammino, spesso si fermano a chiedere «Dove vai?», offrire indicazioni e supporto; mostrano curiosità e voglia di scherzare, offrono un caffè o un consiglio sul crotto migliore (come è chiamata qui la trattoria tipica), felici di condividere qualcosa dei loro luoghi.
Alle volte si respira della malinconia, nell’attraversare contrade semi-deserte poco più sopra i paesini di riva e senza udire altro che i propri passi scricchiolare sul selciato. I pochi abitanti rimasti, come il signor Luigi a Maggiana, ricordano i tempi in cui i sentieri “erano usati da chi le borgate le viveva”; allora si scorgono delle baite di pietra abbandonate e la mente si accende nell’immaginare di riprendere i muri storti di quei “caselli” (come chiamano i baiti, da queste parti) e trasferircisi in fuga dalla concitazione urbana.
Altre volte, tuttavia, è confortante scoprire certi luoghi curati con amore, come i Pian del Sales sopra Colico, un prato ameno dove Alessandro e Fulvia hanno ristrutturato una vecchia malga in pietra della famiglia di lui, affacciata sulla penisola di Piona, e qui hanno passato la pandemia, costruendo anche una bellissima casetta sull’albero per la figlia Matilde.

Indicativo di questo attaccamento ai luoghi, così come di una certa leggerezza del vivere, è un passaggio della prima tappa, prima della discesa a Lierna, nei pressi dell’edicola votiva della Madonna del Buonconsiglio: a bordo del sentiero fa capolino una lunga serie di poesie di Elio Cantoni, appese in rapida successione una dopo l’altra lungo i muretti. I versi oscillano tra la malinconia di ciò che era, lo scherno per le debolezze proprie e altrui, la celebrazione dei piccoli doni della quotidianità e gli amici di un tempo: «Mè de cursa giò al Casell / e lè cuminciava el gioch / un bicier de Nustranell / el camen cun un bel foch!» - Io di corsa giù al baito / e lui (Pino, l’amico cui sono dedicate questi versi, NdA) cominciava un gioco / un bicchiere di Nostranello / il camino con un bel fuoco.

I BORGHI
Ogni giorno si passa per paesi, paesini, borgate – tutti indistintamente preziosi e generosi di gemme nascoste. Ve ne sono di famosi, come Varenna, con il colorato centro storico degno delle Cinque Terre, i giardini di Villa Monastero e il Fiumelatte, il rivo più corto d’Italia (i suoi soli 250 metri attirarono la curiosità di Leonardo Da Vinci, nel Codice Atlantico); o Bellano, Bandiera Arancione del Touring, col suo orrido (una profonda gola scavata quindici milioni di anni orsono dalle acque impetuose del fiume Pioverna), il Santuario della Madonna delle Grazie o la chiesa sconsacrata di San Nicolao, un tempo proprietà della Confraternita degli Umiliati e oggi spazio espositivo che ospita una bellissima collezione permanente di sculture in rame di Danilo Vitali.


Altri borghi, dai nomi meno noti al grande pubblico, sono nondimeno delle gemme: su tutti, quello in pietra di Corenno Plinio, poco a nord di Dervio, un dedalo di scalini e viuzze strettissime, con la sua chiesa (dedicata a San Tommaso di Canterbury) sospesa tra il romanico e il gotico, e il suo drammatico castello a picco sul lago. All’originario nome “Corenno” fu aggiunto “Plinio” nel 1863, dopo l’Unificazione d’Italia, in onore dello scrittore e magistrato romano Plinio il Giovane, originario di Como, che pare si fosse fatto costruire una villa proprio qui.

Oltre la loro bellezza, i centri abitati offrono una notevole prospettiva storica sul territorio, con il loro intarsio di epoche e testimonianze: dalla medievale torre di Vezio, che leggenda vuole sia stata costruita per volere della regina longobarda Teodolinda, alla chiesa rinascimentale di Santa Marta di Bellano, ai segni della rivoluzione industriale, come il cotonificio dismesso della Flockhart a Lierna.

LE CIME ALL’ORIZZONTE
Pur essendo il paesaggio senz’altro antropico, la magnificenza dello scenario naturale è tutt’altro che mero sfondo. Nel lento sorvolo sul lago talvolta il sentiero risale di quota, toccando le borgate e i primi alpeggi, e così si attraversano fitte boscaglie costellate di muretti a secco, o morbidi prati, come quelli dell’Ortanella. Allora lo sguardo si apre e, in pieno e sensazionale contrasto con l’orizzontalità del lago, si riempie delle forme verticali dei monti circostanti.
Dapprima il Resegone e le Grigne (indimenticabile il passaggio nella valle del torrente Meria, quando a est si apre improvvisamente un enorme anfiteatro chiuso da pareti scure e impervi torrioni); poi il Monte Legnone, perno del cammino, che coi suoi 2610 metri troneggia sul Lario. Nell’ultimo tratto, quando il sentiero sterza verso levante e si infila in Valtellina, all’orizzonte fanno capolino i campioni delle Alpi Retiche: il Sasso Manduino, dente di granito al quale, secondo la leggenda, si ancorò Noè durante il diluvio universale, e il Disgrazia, con le sue forme paurose e le pance di ghiaccio, al cui perenne disgelo (desglacio, in dialetto) deve il nome – toponimo solo in apparenza nefasto. Nel paese di Sacco, alle spalle del campanile, le Orobie selvagge sovrastano le lose dei tetti.


È quest’ultimo scorcio ad accompagnare il viandante nel colorato centro di Morbegno. Tra gli edifici affrescati (imperdibile una visita alla Collegiata, con la sua gigantesca cupola tinteggiata con il “color dell’aria”) si conclude questa placida traversata.
I pendii assolati al tramonto, il suono delle campane tra le stradine, il profumo di burro fuso che si sprigiona dalle trattorie - tutto invita a protrarre la condizione di viandante.
In collaborazione con Regione Lombardia
