Nota nell'antichità come la “bianca sposa del Mediterraneo”, è la capitale e il cuore pulsante della Libia. In origine il suo nome indicava le tre principali città della colonia romana, oggi è rimasto a designare solo una di esse, ma non potrebbe essere più appropriato. Tre, infatti, sono le anime dell'odierna Tarabulus (per noi Tripoli): la città antica, quella dell'avventura coloniale italiana e le espansioni moderne, caratterizzate da un profilo che tende sempre più ad alzarsi, con il gruppo delle cinque torri di Dhat al-Imad e la nuovissima torre della Rivoluzione (burj al-Fath).
Turistica, eppure splendida, la medina, la parte antica dell'abitato, con i suoi vicoli stretti che si aprono all'improvviso davanti a splendide moschee, minareti che chiamano alla preghiera, torri, hammam, taverne fumose... e ancora profumi di arancio e fiori secchi, mercati affollati di compratori, di odori forti, di anziani commercianti ai quali ci si può rivolgere (anche in italiano) per informazioni e aneddoti sulla città.
Fra la medina e i quartieri coloniali si apre la piazza Verde (as-Sahah al-Khadrah), il cuore nevralgico di Tripoli. Ideale punto di partenza per una visita alla città, è un angolo estremamente suggestivo dove, sullo sfondo del mare e del Castello Rosso (Assai al-Hamra), accanto al quale è l'imperdibile Museo archeologico, si intersecano atmosfere e immagini di carretti e automobili, vicoli sterrati e ampie strade. La “città bianca” della ricostruzione coloniale è cresciuta nell'oasi intorno alla centro storico, dove prima erano solo palme, pozzi e alcune tombe di marabutti. Teatri, eleganti alberghi, casinò, il ricordo della “dolce vita” degli anni Trenta, delle passeggiate lungomare e delle feste nelle ville immerse nei palmeti. Atmosfere che fanno rivivere il ricordo di quando Tripoli era il “bel suol d'amore” di molti italiani e fanno scordare che Tripoli è anche il cuore pulsante del proibizionismo e della rivoluzione di Gheddafi.