Proponiamo l'editoriale di Mario Tozzi, geologo, scrittore, divulgatore scientifico nonché consigliere Touring, sulla questione delle concessioni balneari in Italia. L'editoriale è pubblicato sul numero di settembre 2024 di Touring, il magazine del Touring Club Italiano.
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Il clamoroso caos che affligge l’annosa questione delle concessioni balneari italiche è una cartina al tornasole del conflitto tra interessi corporativi
privati e bene comune collettivo. L’entrata in campo di nuovi attori, fra cui l’associazione Mare Libero, che invita a riprendere possesso delle spiagge e dei litorali perché le concessioni sono scadute e tutti hanno lo stesso diritto di insistere sulle coste, sta spingendo al limite una situazione vergognosa e unica in tutto il bacino del Mediterraneo.
Le spiagge sono di tutti, ma i concessionari se ne sono sentiti proprietari per troppi anni e i governi, le amministrazioni regionali e i Comuni li hanno lasciati colpevolmente fare, dunque si capisce la costernazione. Ma è di tutta evidenza che le cose non possono più andare avanti come in passato, non foss’altro che per quanto impone l’Europa e perché certamente non si può scaricare sulla collettività né un eventuale ristoro ai balneari (che pagheremo tutti) né una procedura di infrazione (idem).
Come studioso di cose ambientali mi permetto di riproporre anche in questa sede un manifesto per la liberazione delle spiagge che permetterebbe, una volta messo in pratica, di riportare equità, godimento e soddisfazione fra i veri proprietari delle spiagge, cioè tutti noi.
1) Tutte le coste italiane sono, in linea di principio (va ribadito), patrimonio inalienabile dello Stato e non possono essere privatizzate.
2) Il 60% (e non l’attuale 40%) delle spiagge deve essere, tornare o restare libero. Ricordiamo che ci sono Comuni (come in Liguria o nelle Marche) in cui il 90% delle spiagge fruibili è dato in concessione. Il restante 40% può essere gestito in concessione demaniale dai Comuni che possono attrezzarle e metterle a disposizione a prezzi calmierati.
3) I servizi devono essere gratuiti. Come accade in Francia, Spagna, Grecia e Portogallo. Una parte di quel 40% residuo può essere data in concessione ai privati che possono attrezzarla a canoni consistenti con il valore e la scarsezza del bene, con garanzie ambientali rigorose e con gare rinnovate ogni cinque anni.
4) Stabilimenti e lidi devono garantire l’accesso libero alla battigia. Portarsi cibo e bevande in quei contesti deve essere consentito.
5) Nessuna struttura permanente (cemento, mattoni o acciaio) può essere imposta sul demanio costiero. Cabine, chioschi, spogliatoi, ristoranti e quanto altro devono essere rimovibili. Eventuali strutture permanenti presenti vanno abbattute a spese di chi le ha costruite.
6) Il reato di abusivismo sulle linee di costa non è sanabile da alcun condono statale. Varrà la pena di ricordare che anche l’articolo 1161
del Codice della Navigazione parla di «esclusione del diritto collettivo d’uso… in modo da impedire la fruibilità… o da comprimerne in
maniera significativa l’uso…» e che, in questo contesto, nessuna costruzione è legittima sulle spiagge demaniali.
7) Da novembre a marzo nessuna struttura temporanea può persistere sulle spiagge e i litorali vanno sgombrati a ogni stagione. Per fortuna già molti concessionari si comportano così, ma sottrarre alla speculazione le
coste deve essere motivo di soddisfazione per tutti gli italiani.