Sulle montagne circostanti San Donato Val di Comino si trovano le Reali miniere di San Donato, realizzate per volere di re Ferdinando II di Borbone dopo i moti del 1848 e che costituiscono una importante testimonianza storica, industriale e geologica. Sono raggiungibili grazie a un sentiero che si snoda a partire dal paese, lungo il torrente Forca d'Acero, e poi via via salendo al bivio di Cunnola e Pezzullo, su per la salita dei Monacelli, quindi attraverso il Bosco dell'Impero sino a raggiungere la Galleria San Ferdinando, a 1080 metri di altitudine.
Il sentiero si snoda lungo il percorso seguito, durante il lavoro di estrazione, da minatori, donne addette al trasporto e artiglieri. Ferdinando II intendeva potenziare la ricerca scientifica e l'innovazione tecnologica per supportare l'economia del Regno delle Due Sicilie e le sue forze armate. Con notevoli investimenti fu così sviluppata l'industria metallurgica, facendo nascere i distretti minerari nella Calabria ulteriore (Reali ferriere e Officine di Mongiana) e in Terra di Lavoro (Reali miniere di San Donato e Campoli, Real Magona di Rosanisco). Nella primavera 1853 il re inviò da Napoli una commissione per sviluppare l'industria metallurgica in Val di Comino. Comprendeva ingegneri, ufficiali, un distaccamento di zappatori-minatori (come dire, il genio militare dell'epoca) e soprattutto un famoso esperto del tempo, il geologo Gaetano Tenore (1826-1903), professore di mineralogia nella Scuola d'ingegneria di Napoli e autore di notevoli lavori di vulcanologia e di studi relativi ai giacimenti minerari.
Tenore esplorò i siti della zona e individuò quelli che sembravano offrire le prospettive migliori: Monte Cunnola (oggi Monte Calvario, a San Donato) e Monte Omo (Campoli). Molto promettenti erano in particolare gli affioramenti di limonite e di bauxite (ossidi di ferro e di alluminio). I lavori così iniziarono quasi subito, nel maggio di quell'anno. Furono scavate cinque gallerie, Galleria San Ferdinando, Santa Teresa, San Francesco, Sant'Agostino e Castelluccio, più due pozzi, e furono anche realizzati uno scavo a cielo aperto e un deposito di materiale roccioso. L'estrazione del metallo ferroso avveniva realizzando tante piccole cavità profonde al massimo un centinaio di metri. Il materiale estratto poi veniva portato in paese e trasportato ad Atina, dove venne realizzato un altoforno, La Ferriera. Le estrazioni e la fusione del metallo proseguirono per sette anni, interrompendosi di colpo alla fine del Regno delle Due Sicilie, nel 1860. Restano le cavità delle miniere, popolate oggi da colonie di pipistrelli “Ferro di cavallo minore”.
A chi è appassionato di geologia San Donato riserva poi altri motivi di interesse. Come il Museo Geologico allestito in un’ala del cinquecentesco Convento francescano, in viale Tenente Maurizio Simone. La struttura aiuta a “leggere” il territorio tenendo in considerazione le scienze della terra (geologia, idrogeologia, paleontologia), le scienze della vita (biologia, zoologia, botanica, ecologia) e le scienze dell’uomo (storia, geografia, antropologia, architettura). Un plastico tridimensionale riproduce in scala 1:10.000 parte del territorio del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Alcune vetrine approfondiscono argomenti chiave: il processo di fossilizzazione e l'evoluzione della specie, le rocce della Val di Comino, i minerali, il ciclo dell'acqua e l'inquinamento idrico, il dissesto idrogeologico, il rischio sismico e i terremoti storici, ultimo dei quali quello particolarmente forte del 1984, che ebbe uno degli epicentri proprio a San Donato Val di Comino. E c'è anche un plastico meccanico in movimento che presenta la stratigrafia delle rocce: a realizzarlo è stato niente meno che Carlo Rambaldi, tre volte premio Oscar per gli effetti speciali.
Testo: Roberto Copello - Per le foto, si ringraziano: visitvaldicomino.it (interno grotte), Luca Leone (Museo Geologico)
PUÒ INTERESSARTI ANCHE: